“Non c’è dubbio che lavorare per i diritti umani è lavoro per la pace, ma fu per sostenere gli sforzi per il disarmo che Nobel creò il suo premio per i “Campioni della pace”. Con tutto il rispetto per Lio Xiaobo, questo è un altro esempio che non è più un “Premio Nobel”, è il “Peace Prize” del Parlamento norvegese.”.
La riflessione di Fredrik Heffermehl, avvocato, scrittore e studioso pacifista norvegese, è in linea con quanto da molto tempo sostiene: e cioé che dalla fine del secondo conflitto mondiale, il 45% dei riconoscimenti è giuridicamente illegale. Il Premio a personaggi come Henry Kissinger e Le Duc To, ma anche a figure emblematiche qual’è stata ad esempio Madre Teresa di Calcutta, sono la conferma che spesso le decisioni del comitato sembrano essersi inquinate dalla politica, da interessi internazionali delle grandi potenze, o semplicemente da una generalizzazione del concetto di “work for peace” che può anche essere accettata dall’opinione pubblica ma che esula completamente dalle ultime volontà di Nobel.
Alfred Nobel - scrive Heffermehl nel suo ultimo libro, The Nobel Peace Prize: What Nobel really wanted? - espresse chiaramente i suoi intenti nel testamento, indirizzando la scelta a singole persone che avessero svolto il miglior lavoro per favorire la fratellanza tra le nazioni, l’abolizione o la riduzione degli armamenti, la promozione di conferenze di pace. Nel 1895, anno della sua stesura, la Norvegia sembra essere la Nazione cui lo sforzo per la pace maggiormente aveva assunto caratteristiche istituzionali e non più idealistiche (ricordo che l’assegnazione degli altri Premi - per la fisica, la chimica, la medicina e la letteratura - è affidata alla Svezia), pertanto è ad essa che Nobel affida l’importante compito. E non c’è dubbio che i termini usati da Nobel indirizzino la selezione tra candidati che avessero costruito ponti di pace non solo idealistici o “grassroot” ma con un lavoro concreto nella direzione del disarmo globale e della creazione di rapporti di cooperazione e amicizia tra gli Stati in modo da garantire un progresso nelle relazioni internazionali e nella diminuzione e assenza di conflitti.
A questo punto cosa servirebbe? Oltre a una maggiore attenzione del comitato norvegese allo spirito e alla lettera delle disposizioni testamentarie di Nobel, analoghi riconoscimenti potrebbero (e magari, dovrebbero) venire istituiti, ed efficacemente presentati dai media, per quelle categorie di attivisti (per i diritti umani, per la fratellanza tra i popoli, per la cura dell’ambiente) cui il Nobel, nelle sue originali motivazioni, diventa un premio “fuori tema” e, soprattutto, giuridicamente illegittimo. Non metto in dubbio l’efficacia politica e mediatica dell’impatto di un Nobel Peace Prize a personaggi come Lio Xiaobo, però attenzione: non è con le ultime volontà di un pur illustre personaggio che si fa la politica internazionale - meglio sarebbe il contrario, che la politica internazionale riuscisse ad adeguarsi allo spirito e alla lettera di queste ultime volontà (e a questo punto, un vero Nobel Laureate potrebbe alla fine legittimamente arrivare!).
Note:
Fredrik S. Heffermehl, da Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Fredrik_Heffermehl
“The Nobel Peace Prize”, pagina su IBS.it: http://ibs.it/libro+inglese/heffermehl-fredrik-s/the-nobel-peace/9780313387449.html
Alfred Nobel, da Wikipedia.it: http://it.wikipedia.org/wiki/Alfred_Nobel
Un “Nobel alternativo”, il Right Livelihood Award: http://www.peacelink.it/pace/a/30361.html