Si riporta una breve biografia di Wangari Maathai, l’ambientalista keniota premiata quest’anno col Nobel per la Pace.
“Non è possibile impegnarsi per l’ambiente senza entrare in duro contrasto con i detentori del potere” essa dice; e il suo impegno spazia allora più in avanti: per lei infatti il movimento ambientalista costituisce solo una parte e un settore avanzato del più generale movimento keniota in favore della democrazia.
Testo a cura di Alberto Barbero
Nel giugno del 1977 Wangari Maathai piantò sette alberi in memoria degli eroi nazionali del Kenia.
Questa semplice iniziativa dette progressivamente vita a un movimento che prese il nome: “Greenbelt Movement”, il movimento della Cintura Verde.
Dal 1992 questo movimento nazionale di oltre 50.000 donne ha piantato più di dieci milioni di alberi salvando così migliaia di acri di crosta terrestre; dal Kenia il Movimento si è poi diffuso in altre Nazioni e oggi ha associati in tutto il mondo, anche in Etiopia: ha ricevuto dalle Nazioni Unite un premio per la difesa dell’ambiente.
Il “Greenbelt Movement” pianta alberi per arginare l’erosione del terreno e contrastare la desertificazione, per abbellire il paesaggio, per produrre combustibile, per produrre entrate economiche ai suoi membri. Sostiene tre vivai organizzati e gestiti da donne che coltivano e vendono le pianticelle che saranno piantate sul territorio keniota, pubbico e privato. Il “Greenbelt Movement” fonda piantagioni di alberi differenziati, come aranci, avocadi e olivi che possono essere utilizzati come risorsa di cibo e di combustibile, ma si dedica anche alla ripopolazione di alberi indigeni come il baobab, il fico e l’acacia che sono stati metodicamente sradicati fino dall’arrivo dei poteri coloniali.
E’ innegabile che il “Greenbelt Movement” e la sua fondatrice abbiano fatto e stiano facendo un ottimo lavoro, utile per tutti, tuttavia le resistenze furono tali che Wangari ebbe a sostenere: “Non è possibile impegnarsi per l’ambiente senza entrare in duro contrasto con i detentori del potere”. Per lei infatti il movimento ambientalista costituisce solo una parte e un settore avanzato del più generale movimento keniota in favore della democrazia. Così, attraverso l’impegno ambientalista, si cerca di aiutare la gente a riprendere il controllo su ciò che accade nella propria terra e di assicurarne un coinvolgimento nella scelta di direzione dello sviluppo.
Ma questo non è certo un obbiettivo condiviso dagli uomini politici e dai potentati autoritari del Kenia, così Wangari si è trovata ad avere non poche difficoltà e problemi.
Nata nel 1940 Wangari fu per molto tempo interessata a promuovere un cambiamento democratico e sociale nei costumi arretrati del suo Paese. E’ stata la prima donna keniota a divenire docente di biologia in Kenia; si pensi che è madre di tre figli ma che suo marito l’abbandonò proprio a causa del suo attivismo: le donne influenti e con la stoffa del leader hanno vita dura in una società tradizionalmente dominata dagli uomini e il suo stesso marito, che si occupava di politica, fu accusato da altri politici di essere “poco virile” perché non esercitava la “dovuta autorità” su sua moglie.
Nel 1989 Wangari prese una posizione decisamente critica verso il governo Keniota creando una dura opposizione al progetto presidenziale di costruire un fabbricato per uffici di sessanta piani e una statua dello stesso presidente alta quattro piani da edificarsi nel bel mezzo di un parco pubblico cittadino; convinse i finanziatori inglesi, danesi e giapponesi a ritirare il loro appoggio economico al progetto e non mancò neppure di opporsi al piano presidenziale che prevedeva l’abbattimento di cinquanta acri di foresta appena fuori Nairobi per impiantarvi un vivaio di rose destinate all’esportazione.
Nel 1992, nel Parco dell’Indipendenza (Uhuru Park) di Nairobi, Wangari, con altri attivisti del suo gruppo, partecipò a uno sciopero della fame proclamato da donne impegnate in una campagna per il rilascio di tutti i prigionieri politici che il Presidente aveva fatto incarcerare: i dissidenti e perfino qualcuno che era stato arrestato solo per le sue attività in favore dell’ambiente. I reparti speciali antisommossa della polizia caricarono la folla nel parco usando gas lacrimogeni e bastonando molti dei manifestanti e, fra loro, proprio la nostra eroina. che venne portata in ospedale da amici e sostenitori. Ma anche dal suo letto di degenza, Wangari non mancò di convocare una conferenza stampa per criticare la politica repressiva dei governanti, riaffermare i principi dei Diritti Umani e l’importanza di preservare l’ambiente naturale da distruzioni e spoliazioni. Wangari si è ristabilita dalle violenze e dagli abusi della polizia e oggi è ancora un’attivissima propugnatrice del Greenbelt Movement in tutto il mondo.
I suoi sostenitori dicono che è la dimostrazione vivente di quanto possa riuscire a fare una sola persona.