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Dal Kurdistan, dalla mission dei Sindaci per la pace

17 marzo 2006 Pubblicato da roberto

Un diario di viaggio con le impressioni e una breve cronaca di quanto stiamo vivendo qua. In diretta da Suleymanya, Kurdistan iracheno.

Dovunque si trovi memoria degli orrori di una guerra, di uno sterminio, quel luogo dovrebbe essere mostrato al mondo, e i suoi significati diffusi con tutti i mezzi. Anche se l’uomo mai ha imparato a fare tesoro del suo passato, chissà che la conoscenza ripetuta dei fatti non porti prima o poi maturità nel suo vivere!
E’ il pensiero ricorrente in questi giorni intensi di viaggio, quasi da ambasciatori per incontri diplomatici e non, al seguito dei “Mayors for peace”, i sindaci per la pace, piccolo gruppo di rappresentanti italiani dei cittadini in visita nel Kurdistan iracheno.
Halabija cittadina meta della missione, su invito del proprio sindaco per le celebrazioni dell’anniversario della strage - 5000 curdi uccisi dai gas chimici nel 1988, si era al termine della guerra Iran-Iraq, primo esperimento di sterminio con armi non convenzionali operato da Saddam contro la comunità che vive sull’altopiano.

Martedì 14 di primo mattino, in arrivo nel Kurdistan. Partiti la sera del 13, Forlì-Francoforte e poi Francoforte-Erbil in un volo di linea settimanale e affollato.
Erbil al centro della regione, città cantiere dalle mille sorprese, che mostra a scacchiera via via che procediamo segni di ricercata bellezza architettonica o di edilizia cittadina, inframmezzati a case diroccate o in costruzione; e ad esempio colpisce a un certo punto l’immagine improvvisa di una graziosa e complessa fontana dai mille zampilli d’acqua, attorniata però da campi incolti e da lotti di terreno divelto.
Sarà invece Suleymanya la nostra base. Città moderna ma anch’essa a chiazze di cantieri oltre come sempre a sobborghi caratteristici. Da Erbil a mezza giornata di viaggio, tra strade statali di cui non ti puoi fidare (ed essenziale è l’esperienza del guidatore per schivar buche e prevedere improvvisi dossi) e poi arrancando per una carrareccia tortuosa e lunga che percorre a saliscendi l’altopiano. L’altezza media è sugli 800 metri e proprio per questo non c’è il caldo che ti opprime. Il terreno è brullo però, e solo verso il confine montagnoso con l’Iran oltre all’erba più fitta si scorgono finalmente coltivazioni e alberi da frutto.
Il giorno 15 arriviamo nella cittadina. Festosissima accoglienza nelle scuole dove i bambini ricordano con noi la ricorrenza, con manifestazioni sceniche e cori, e dove più che il discorso valgono lo sguardo e i sorrisi. Visitiamo le classi e distribuiamo tra tutti i bambini gli oggetti di uso scolastico che abbiamo portato per loro.
Halabija qui è città simbolo delle atrocità commesse da Saddam e immagine di ciò che le armi chimiche possono produrre, in termini di sofferenza umana e di distruzione. Nel mausoleo eretto alla memoria, il percorso del visitatore si snoda per diverse prospettive: da uno scenario dell’evento ricostruito in grandezza naturale, alle tante immagini dei costumi sociali e della resistenza curda fino ad arrivare alla documentazione visiva della strage: i cadaveri in pose familiari, bambini abbracciati alla mamma, esseri che sembrano dormire, infine gli oggetti che i morti portavano con sé - quasi un monito da parte delle cose rimaste, a ricordare chi invece venne ucciso all’improvviso.
L’emozione è grande, le immagini che vedo sono gli stessi documenti su cui per mesi si e’ lavorato - assieme ai testi delle convenzioni internazionali in tema di divieto nell’uso delle armi non convenzionali - per la produzione di un cortometraggio video a testimonianza dell’evento e destinato alle scuole di grado superiore, e di cui copia è stata offerta al sindaco della cittadina e al ministro dell’Università della regione.
Ci si rende conto di non essere qui per caso: nei tanti avvenimenti del mondo, la propria presenza è importante per testimoniare - se non ti fai vedere non esisti, è un punto fermo della società multimediale. In questo caso l’esistenza di un popolo pacifico e differente dagli stereotipi che danno dell’Iraq - e del Medio Oriente in generale - un’immagine monolitica di pericolosa “diversità”, e il concetto molto semplice che la gente, qualsiasi lingua parli e a qualsiasi Dio si affidi, desidera sempre soprattutto una cosa: la vita in pace e la sicurezza per il futuro dei propri figli.
Altro monumento alla memoria ci attende, di nuovo a Suleymanya. Entriamo nel carcere che vide torturare e uccidere gli oppositori politici di Saddam della regione. 182 mila morti o scomparsi che sono ricordati attraverso il passaggio di ingresso, un tunnel tortuoso con incastonati alle pareti, appunto, 182 mila pezzetti di specchio, che riflettono in modo drammatico la luce di cinquemila piccole lampadine sul soffitto, simboleggianti il numero dei villaggi distrutti.
Al termine del percorso si entra nel vivo del ricordo. Alle pareti di tante stanze sono appese fotografie spesso atroci, di persone uccise, cadaveri insanguinati, persone in fuga. In una stanza è appeso per le mani un manichino raffigurante un uomo che viene torturato con la corrente elettrica, i fili attaccati con pinzette in vari punti della pelle.
Si passa per le celle dei prigionieri; sul pavimento gli stracci usati per coperte, alle pareti spesso i segni della sofferenza. Medito paragonando ciò che vedo con le immagini famose dei campi di sterminio nazisti, una differenza sta nella scarsa conoscenza attuale delle stragi della popolazione curda (ed e’ anche per questo che siamo qua), un’altra sta nel breve tempo trascorso da quando il popolo curdo ha ritrovato pace: questo significa che chi visita il luogo ha ben viva la presenza della sua storia recente, e nel viso dei visitatori l’emozione è profonda.
La visita ha seguito quella, in questo caso più in positivo, a due centri di riabilitazione per chi ha perso gli arti spesso a causa delle mine; si tratta di persone a cui non vengono solo ricostruite le gambe ma anche la forza di reagire e l’apprendimento di un’occupazione. Rimane lo sgomento per ciò che le mine - armi ormai proibite ma ancora disseminate qua e là tra le zone teatro di tante guerre - continua a provocare; e nessuna descrizione o trattato sulla pace potrà dare più forza persuasiva del vedere con i propri occhi lo sforzo e la soddisfazione drammatica di un uomo che riesce di nuovo a camminare, gli arti inferiori entrambi sostituiti da protesi artificiali.

Nei teatri di guerra nel mondo si continua a uccidere sperimentando anche armi sempre più efficaci. Nel cuore e nelle menti di tanti di noi si continua a lottare, lavorando per un mondo senza guerre.
Siamo in tanti? Ancora in pochi? In ogni caso continueremo a remare. Dall’Iraq, nella piccola isola di precaria pace che è tuttora il Kurdistan, un grosso abbraccio e una spinta a uno slancio sempre maggiore per avvicinare alla realtà il nostro ideale.

Nota:
Le celebrazioni del 16 e 17 marzo sono state sospese a seguito di disordini dovuti a numerosi manifestanti che hanno occupato il mausoleo di Halabija. Negli scontri con le forze di polizia si contano un morto e alcuni feriti. La delegazione dei sindaci italiani è stata avvertita e ha dovuto modificare il proprio itinerario e il programma. La giornata del 16 è stata quindi utilizzata per incontri con alcuni esponenti della politica curda e con la popolazione di alcuni villaggi.

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… Di partenza!

12 marzo 2006 Pubblicato da roberto

Ciao!
Lunedì (domani!) saremo in partenza.
Saremo un gruppo eterogeneo, 14 persone tra cui due giornalisti (uno della RAI) e … due bambini!
Saremo in Iraq per testimoniare concretamente amicizia e vicinanza per smentire i fomentatori di discordia fra mondo occidentale e mondo islamico.
Nei vari comunicati stampa che puoi scaricare dall’articolo qui sotto, troverai una frase che si ripete in tutti i comunicati e che riguarda la “Società civile” fatta di donne, bambini, mariti, nonni… e tutti vogliono una medesima cosa: “vedere crescere i propri figli” potere offrire alle generazioni un futuro senza la paura…
Questo e’ il motivo che ci accompagna ed e’ per questo che abbiamo allertato le televisioni RAI, Al Jazeera + tre televisioni satellitari locali e faremo un massiccio lavoro di comunicazione orizzontale, proprio per fare vedere che la societa’ civile e’ la
naturale depositaria della sovranita’ e sa anche muoversi.
IPB-Italia e’ l’organizzazione che da sempre convoglia la voce della societa’ civile all’interno delle istituzioni, i sindaci sono i legittimi rappresentanti democraticamente eletti dei loro cittadini. Vediamo cosa riusciamo a fare.
Qui sotto troverai anche un comunicato in inglese: se vorrai e se potrai ti prego di darne diffusione nel tuo net di questa missione.

Un abbraccio
Fulgida

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I piccoli doni di IPB – Italia ai bambini di Halabija

10 marzo 2006 Pubblicato da roberto

Il 16 e 17 marzo 2006 Una delegazione dell’Ufficio Italiano dell’International Peace Bureau sarà ad Halabija, nel Kurdistan Iracheno, per ricordare la terribile strage compiuta con armi chimiche dal regime di Saddam Hussein contro la popolazione civile del luogo.

La Presidente Fulgida Barattoni, con il figlio Gianandrea e accompagnata dal Segretario Generale di IPB-Italia Roberto Del Bianco, da Susanna Agostini in rappresentanza di Leonardo Domenici Sindaco di Firenze e Vice-Presidente della campagna mondiale Mayors for Peace, da Edoardo Masetti, Sindaco di Marzabotto (città gemellata con Halabija), da Luciano Scambiato, addetto alle Relazioni Internazionali del Comune di Mazzarino, da Renzo Coceancig, in rappresentanza del Sindaco di Cormons, da Rosanna Marcato, responsabile dell’Ufficio Rifugiati, e Filippo Saccarolla del Comune di Venezia, da Nadim Rashid, Presidente e Gulala Salih della Comunita’ Kurda in Italia e dai giornalisti Lara Alpi (settimanale “sabato sera” Imola) e Flaviano Masella (RAI News 24) si recherà ad Halabija il giorno 16 e 17 marzo 2006 per partecipare alle commemorazioni del bombardamento chimico del 1988 durante il quale perirono oltre 5000 civili inermi.

Nel corso della cerimonia verranno presentati due cortometraggi realizzati da IPB–Italia: Armi di distruzione di massa - Kurdistan 1988, che ricorda la “notte curda dell’inferno chimico” e Piccoli sogni di carta contro la guerra liberamente tratto dalla storia di Sadako Sasaki, giovanissima vittima dell’olocausto nucleare di Hiroshima, video attualmente partecipante al Festival di Istanbul.

Dallo script del cortometraggio Armi di distruzione di massa - Kurdistan 1988 :
“(…) Il 16 marzo 1988 bombardieri iracheni solcano il cielo di Halabija, città di 70.000 abitanti della provincia di Suleymania nel Kurdistan iracheno, a pochi chilometri dalla frontiera iraniana. Il giorno precedente, la città era caduta nelle mani dei partigiani dell’Unione Patriottica del Kurdistan (Upk) di Jalal Talabani. Abituata alle alterne offensive e controffensive nel conflitto Iraq-Iran che devastavano la regione dal settembre del 1980 la popolazione, sulle prime, crede che si tratti di una operazione di rappresaglia. Chi fa in tempo si mette al riparo in rifugi di fortuna. Gli altri sono sorpresi da bombe chimiche che, a ondate successive, Mirage e Mig iracheni gli rovesciano addosso. Un odore nauseante di mele imputridite riempie Halabija. Solo al calar della notte le incursioni aeree cessano e comincia a piovere. Poiché le truppe irachene hanno distrutto la centrale elettrica, gli abitanti partono alla ricerca dei loro morti nel fango, alla luce delle torce. L’indomani, si trovano di fronte a uno spettacolo spaventoso: strade lastricate di cadaveri, persone sorprese dalla morte chimica nei loro gesti più quotidiani: bambini tenuti per mano dal padre, neonati ancora attaccati al seno materno. In poche ore si sono avuti 5.000 morti di cui 3.200 furono tumulati in una fossa comune perché nessuno aveva potuto reclamarli, parenti, familiari, amici: erano tutti morti (…).”

Saranno inoltre lette dagli alunni delle scuole locali 10 favole, tradotte anch’esse in lingua kurda, tra quelle selezionate al premio internazionale Una Favola per la Pace, manifestazione letteraria organizzata con successo da IPB–Italia.

IPB–Italia porterà inoltre ai piccoli Iracheni di Halabija zainetti, penne, matite colorate, gomme e temperini e altri piccoli segni di affetto della Provincia di Gorizia e dei Comuni di Meldola, Mazzarino, Marzabotto, Soini e Cormons.

Fulgida e i suoi, in rappresentanza della Società Civile Italiana saranno in Iraq non solo per parlare astrattamente di pace ma per porre in essere una azione di Pace diretta e concreta con la gente e fra la gente, nelle scuole e nelle piazze, perché la pace è della gente, perché la Società Civile ovunque nel mondo e’ composta di donne, bambini, mariti, nonni e tutti vogliono una medesima cosa: “vedere crescere i propri figli” potere offrire alle generazioni un futuro senza la paura. E questa presenza accompagnata da una piccola offerta di simpatia e di affetto vuole accendere luci di speranza in bambini che vedono il loro paese ancora oggi sotto la minaccia costante della guerra.

Nota: Scarica il comunicato stampa

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APPELLO SULL’USO DEL FOSFORO BIANCO IN IRAQ

18 gennaio 2006 Pubblicato da roberto

E’ terminata la stesura della dichiarazione che l’International Peace Bureau di Ginevra ha emanato sull’impiego bellico di armi al fosforo bianco durante la campagna militare americana in Iraq.

Questo appello è stato realizzato con il contributo di scienziati ed esperti e vuole essere un costruttivo contributo della Società Civile alla protezione delle popolazioni civili in Iraq, come in ogni altro conflitto.

“International Peace Bureau emana la seguente Dichiarazione al fine di offrire specifiche informazioni sugli aspetti fisico bio-chimici e sugli effetti sulla salute umana e sull’ambiente derivanti dall’esposizione al fosforo bianco e ai suoi fumi. Il documentario “Fallujah: la strage nascosta.” di Ranucci e Torrealta, messo in onda per la prima volta il 7 Novembre 2005 da RAINEWS 24, ha dato piena evidenza al fatto che la morte, le gravi sofferenze e le importanti lesioni al corpo e alla salute fisica di combattenti e civili iracheni sono state causate anche dal deliberato impiego di armi al fosforo bianco durante l’assedio di Fallujah (8-11 Novembre 2004) ad opera delle forze militari statunitensi in Iraq. Le informazioni sugli aspetti fisico bio-chimici e medico-legali sono allegate alla Dichiarazione, della quale costituiscono parte integrante.”
Download the Document / Scarica il documento:

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Da “Fallujah - La strage nascosta” IPB sempre più mobilitato

25 dicembre 2005 Pubblicato da roberto

In una sempre maggiore sinergia tra mezzo televisivo e Web, segnalo le interviste che RaiNews24 ha prodotto, rispettivamente alla nostra Presidente Fulgida Barattoni e - in data odierna - al Segretario Generale dell’International Peace Bureau, Colin Archer.

L’inchiesta iniziale sull’uso del fosforo bianco nella guerra in Iraq ha dato l’avvio a sviluppi sempre maggiori, sia nell’attenzione internazionale alla vicenda, sia nella concretizzazione - ad opera del nostro bureau - di uno statement internazionale di condanna realizzato su basi giuridiche e scientifiche. Le interviste video dal sito di Rainews24 svelano dalla voce dei nostri rappresentanti il lavoro che l’International Peace Bureau sta svolgendo.

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