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Nell’incontro conclusivo di Firenze il vivo apprezzamento all’IPB

26 novembre 2007 Pubblicato da roberto

Il particolare impegno dell’International Peace Bureau, nel supporto di adesione alla Campagna, non solo dei numerosi Comuni italiani ma anche di città “lontane” quali quelle dell’Iraq e dell’Iran, è stato ribadito dal consigliere Susanna Agostini, delegato del sindaco Domenici per i rapporti con la “Mayors for Peace”, all’apertura dei lavori della “tavola rotonda” che nel pomeriggio del 23 novembre ha concluso la “tre giorni” di Firenze dei Sindaci per la Pace (vedi comunicato stampa del Comune di Firenze).
E’ stato un incontro ristretto alle sole delegazioni rimaste, di Sindaci provenienti principalmente dal Kurdistan iracheno (Halabja, Erbil, Chamchamal e altre) in un incontro proficuo e amichevole, in cui si sono scambiate esperienze e intessuti o approfonditi rapporti già esistenti quali quelli scaturiti dalla Mission nel Kurdistan nella primavera dello scorso anno.

A margine dell’incontro sono stati presentati lavori e testimonianze. Il “diario di viaggio” Appunti da un viaggio in Kurdistan di Andrea Misuri e Eva, filmato realizzato da Omar Hamarash dell’associazione irachena “Peace Voice Center”. Quest’ultimo racconta il periodo dell’Anfal attraverso i ricordi di una sopravvissuta.

Nota: Comunicato stampa (23-11-2007) del Comune di Firenze
La torre senza scale - Parlando con i Sindaci di Erbil e Halabja
“Appunti da un viaggio in Kurdistan” - due incontri di presentazione (dall’archivio del sito)
Album fotografico degli eventi del 23
Rassegna Stampa / Press Release
Breve Video flash report dell’evento

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il matrimonio di Fulgida e Valentin

30 maggio 2007 Pubblicato da roberto

E’ con grande gioia che noi di IPB-Italia festeggiamo questo grande avvenimento che ha per protagonista la nostra ex Presidente e fondatrice storica dell’associazione.
Lo facciamo pubblicando quanto Andrea Misuri ci ha offerto, la sua cronaca gioiosa della giornata passata, sabato 26 maggio…

“Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà”

Wislawa Szymborska
Taccuino d’amore, Scheiwiller

Il matrimonio di Fulgida e Valentin, un arcobaleno d’amore e di pace

“Anche nel lontano Giappone è arrivata la voce del matrimonio di Fulgida. Ti prego di accettare questo messaggio quale segno della nostra stima e nostro augurio per la tua felicità”. Quando nella Sala del Comune di Lugo sono risuonate le prime parole della lettera del sindaco di Hiroshima Tadatoshi Akiba, qualche luccicone ha inumidito gli occhi dei presenti.
Come quando all’inizio della cerimonia era stato trasmesso il video di Cora Weiss da New York. Culminato, da parte della volitiva e amata ex Presidente di International Peace Bureau, con un brindisi di Valdobbiene in onore della novella coppia.
Un ideale arcobaleno di pace per un attimo ha attraversato i continenti, unendo i presenti, a cominciare dai figli di ciascuno degli sposi, familiari e amici di una vita, oltre a quelli divenuti tali attraverso l’impegno dell’IPB-Italia. Un’associazione, fucina non soltanto di idee e di progetti, ma di forti rapporti interpersonali che hanno permesso di ritrovarci il 26 maggio in quel di Lugo.
Gli squilli delle chiarine hanno accolto Fulgida e Valentin fin dalla loro entrata in Municipio, passando sotto le lame degli schermitori schierati sulla breve salita che immette alla Rocca.
A far da corona damigelle e alfieri. Intorno i fiori sistemati da Mascia, gli altoparlanti che rimandavano le musiche scelte da Francesco e Marta. Il tutto sotto l’attenta regia di Franco, impegnato a seguire i tempi della cerimonia.

Il sindaco Raffaele Cortesi, con belle e sobrie parole ha ricordato il forte legame che IPB ha con il territorio lughese, concludendo con la consegna di una confezione di quel prezioso frutto, il cappero, che cresce salvaguardato sulle mura quattrocentesche della Rocca e leggendo una poesia d’amore di Nazim Hikmet. Susanna Agostini, delegata per Mayors for Peace del vice presidente Leonardo Domenici, ha concelebrato il matrimonio e ci ha fatto ascoltare le parole della poetessa polacca Wislawa Szymborska.
Roberto, da par suo, ha filmato l’intero evento, testimonianza indelebile della bella giornata.
Alfine, la commozione si è stemperata all’ombra degli alberi del Giardino Pensile della Rocca. Il Giardino, lì a testimoniare fin dalla fine del XVIII secolo la progressiva cancellazione delle caratteristiche castellane delle Rocca estense, si è rivelato un accogliente ritrovo. Tra bicchieri di buon vino e portate di cibo le più varie, allietati dalle musiche di Stefano e dal karaoke degli amici, abbiamo lasciato salire al cielo palloncini colorati dedicati agli sposi, mentre, fatti a mano con amore, grandi fiori di carta azzurri, rosa, gialli e verdi incorniciavano le antiche mura.

Note: Testo e foto di Andrea Misuri
Il messaggio del Mayor di Hiroshima:
Traduzione italiana - Originale in inglese

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Cronache fantasma e avvenimenti nascosti ai più…

19 maggio 2007 Pubblicato da roberto

L’ottavo colore dell’arcobaleno è il nuovo reportage-racconto-riflessione di Andrea Misuri.

E’ una cronaca quasi “fantasma”, quella degli attentati di cui Andrea Misuri dà la notizia. Certo, con lo stillicidio continuo degli orrori dall’Iraq, chi vi farebbe caso? Eppure proprio questi hanno una valenza sinistra e particolare: sono i primi, dopo anni di tranquillità, che scuotono la regione autonoma del Kurdistan, faticosamente avviata in un processo di pace e modernizzazione senza precedenti nell’area mediorientale.
Ma anche i cenni di storia, e i dettagli che Andrea racconta sulla vita e le prospettive odierne della regione, son notizie pressocché inedite ai più. Chi sa ad esempio, che proprio nell’Iraq del nord - a Erbil capitale della regione - a giugno si terrà l’ItalianExpo 2007, la prima Fiera italiana in quest’area?

In questa pagina di analisi e di ricordi, tutto questo e tanto altro. Curiosità cronache e storia anche vissuta da noi protagonisti della passata “mission” dei Sindaci dell’anno scorso.
Tutto questo ci aiuti a riflettere, a penetrare con maggiore interesse nelle vicende di popoli di cui al massimo ci vengono mostrati cliché di vita assolutamente imperfetti nella molteplicità delle culture che arricchiscono il nostro piccolo grande pianeta. Sta a noi “scavare” in profondità e con senso critico, al di là degli “scoop” e delle immagini ad effetto che i media usualmente ci propongono.

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Per un 2707 di Pace

20 marzo 2007 Pubblicato da roberto

Ecco un racconto che è un racconto di storia, e, insieme, un ricordo.
Il 21 marzo - non solo dal popolo curdo, ma presso tutti i popoli di stirpe iranica - dai tempi dei tempi si celebra il “Nuovo Giorno”, appunto, il Newroz.
Dalla penna di Andrea Misuri un articolo fresco di ricordi e antico di storia. Che immerge anche noi lettori, quasi per magia, tra i popoli e le tradizioni di quella regione dove nacque la nostra civiltà.

In queste ore, sugli spalti del Castello di Erbil, stanno bruciando i falò.

E’ il Newroz, il capodanno delle popolazioni di origine iranica, il “Nuovo Giorno”.
Oggi si entra nel 2707. Nella ricorrenza si ritrovano aspetti mitici, storici, sociali, che ne fanno un momento di forte identità per un popolo, quello curdo, da tempi immemorabili perseguitato e disperso. La diaspora curda, meno conosciuta di quella di altri popoli, se si guarda al numero di persone coinvolte è sicuramente fra le più grandi. Ben si comprende, quindi, come in questo caso, il mito abbia svolto una fondamentale funzione di coesione, legando l’origine del popolo ad eroici antenati pre-islamici.
Mi piace ricordare che del coraggio dei combattenti curdi parla già l’Anabasi di Senofonte. Una campagna militare di oltre due millenni fa, culminata nella effimera vittoria di Cunassa (401 a.C.) in cui Ciro il giovane trovò la morte, e in una faticosissima ritirata di migliaia di chilometri. I 10.000 opliti greci, mercenari al servizio di Ciro, spintisi fino all’odierna Baghdad, tornarono indietro, cercando di raggiungere le lontane rive del Mar Nero (sorvoliamo sulle possibili analogie con la storia attuale). Accadde dunque che i fuggiaschi attraversarono il territorio dei Curdi, noti come Caduchi, che “vivevano sulle montagne ed erano un popolo bellicoso, che rifiutava di obbedire al re” (Anabasi, III, 5, 16). Certamente, un incontro per niente amichevole. Anche Marco Polo, tanti secoli dopo, descrive i Curdi come “tristi e bellicosi”.
Ma torniamo agli antenati della tradizione. E’ il poema epico “Il Libro dei Re” di Firdusi, del X secolo d.C., che racconta la genesi culturale dei popoli iranici. E’ leggendo queste pagine, peraltro bellissime, poetiche, ricche di notizie sulla vita quotidiana in quelle epoche antiche, che possiamo riavvolgere il filo del tempo, conoscere eventi fantastici collocati in un passato molto remoto.
Si favoleggia che il despota Dahak avesse sulle spalle due serpenti che ogni giorno si nutrivano con il cervello di due giovani curdi. Ma il servitore che doveva uccidere i fanciulli, preso da pietà, ogni giorno ne uccideva uno soltanto, sostituendo il cervello dell’altro con quello di una pecora. I giovani sopravvissuti si rifugiarono sulle montagne. Così nacque il popolo curdo, “gli uomini delle montagne”.
Un giorno, Kawa un umile fabbro ferraio d’Isphahan (nell’attuale Iran), il cui figlio doveva essere dato in pasto ai serpenti, trovò il coraggio di opporsi al tiranno. Kawa prese il suo grembiule di cuoio e lo issò su di un asta, facendone la bandiera che avrebbe guidato gl’insorti. I fuochi accesi sulle montagne sarebbero stati il segnale della rivolta. Fu richiamato il legittimo discendente regale, il giovane Fredun. La popolazione, guidata da Kawa, rovesciò la dittatura.
Fredun catturò Dahak e lo portò sulla catena montuosa di Alborz, e lo legò in catene sulla sua cima, Damavand. Ancor oggi Damavand svetta alta verso il cielo, con i suoi oltre 5.000 metri, a nord-est di Tehran. La sua punta, perennemente coperta di neve, è visibile da ogni angolo della città. Lo sviluppo urbanistico, ormai, ne lambisce i primi contrafforti, indifferente alle leggende raccolte dal poeta Firdusi. Attualmente, sul Davamand, al campo base di Goosfand Sara (La dimora delle pecore) e al rifugio di Bazrgah-e-Sevom (Terzo color grano), quando la stagione lo permette, s’incontrano esperti scalatori, che si stanno acclimatando alla quota, in attesa della salita finale.
Abbiamo visto come il grembiule di Kawa fosse diventato il vessillo della rivolta. Un oggetto semplice, di uso quotidiano, assurgeva così a punto di riferimento di un popolo oppresso. Insieme al fuoco, da sempre indispensabile a forgiare gli oggetti nelle botteghe dei fabbri e divenuto simbolo della lotta al crudele Dahak. Quello stesso fuoco che da tempo immemorabile veniva acceso in luoghi diversi, prima dell’alba dell’equinozio di primavera, dalle antiche popolazioni. Quel fuoco con cui si usava venerare Mazda, il dio di cui Zaratustra era il profeta, prima che i curdi si convertissero all’Islam, quando entrarono a far parte dell’Impero Ottomano, nel VII secolo d.C.

La leggenda di Kawa, in realtà, trova un radicamento nella storia. Con un riferimento preciso alla vittoria dei Medi sugli Assiri e la distruzione della loro città più bella, Ninive.

Ninive si trovava vicino all’attuale Mossul. Lungo il Tigri, crocevia di comunicazione fondamentale sulla via che univa l’Oriente ai Paesi che si affacciavano sulle rive del Mediterraneo.
Quartieri residenziali si alternavano ai templi. Lungo le possenti mura che chiudevano la città, furono costruite diciotto grandi porte, a guardia delle quali furono poste gigantesche statue di tori dalla barba riccia, guardiani che incutevano timore ai visitatori.
Ninive raggiunse a quel tempo i 120.000 abitanti, gran parte dei quali importati a forza dalle città nemiche distrutte. Un numero impressionante per l’epoca. Nel racconto biblico di Giona è chiamata la città “dei tre giorni di viaggio”, ad indicare la sua grandezza.
I re assiri che si succedettero portarono avanti una politica di conquista nei confronti di popoli anche lontani dalle loro terre: Caldei, Filistei, Cimmeri, Mannei, Sciti, Medi. Nessuno si poteva considerare al sicuro dalla voglia di conquista degli Assiri. Fu invaso l’Egitto. Poi toccò al regno di Elam. Furono sconfitti gli Arabi, alleati di Babilonia, la grande nemica. La mitica Babilonia fu completamente distrutta. E con lei, quella Torre di Babele, simbolo della presunzione dell’uomo.
Nel 612 a. C. un’alleanza tra i Medi del re Ciassare e i Babilonesi del re Nabopolassar portò all’assedio di Ninive. Durò tre mesi. Troppo estesa la città, troppe le porte da proteggere. L’alleanza contro il comune nemico aveva permesso di raccogliere un gran numero di assedianti che sconfissero gli Assiri. La lunga oppressione era terminata.
Da quell’anno decorre il calendario dei Curdi, con ogni probabilità discendenti dei Medi, che si erano mescolati con la popolazione autoctona che abitava quei territori.

Il Newroz si festeggia in Irak, Iran, Pakistan, Afghanistan, oltre che in alcune regioni dell’India e della Cina abitate da minoranze iraniche. Questo non succede in Turchia, dove la ricorrenza coincide ormai, da molti anni, con una stretta sorveglianza dei militari e con dure repressioni della popolazione curda. Il Newroz diviene occasione d’identità. Il segnale annunciato di un malessere, di un desiderio di libertà pericolosi per il potere. L’atteggiamento delle autorità ha fatto sì che per il 21 marzo, nel Kurdistan turco, ogni anno, arrivano numerosi osservatori internazionali.

Alle prime luci dell’alba, i fuochi sugli spalti del Castello di Erbil si vedono da ogni angolo della città, a ricordare la rivolta del fabbro Kawa.
Da lassù, vicino ai falò, il bazar sottostante si estende a perdita d’occhio. Dagli spalti, illuminati dal riverbero delle lingue di fuoco, sembra quasi di percepire i profumi e gli odori che fra poco usciranno dalle mille botteghe sottostanti. Le grida dei venditori che si mescoleranno, inseguendosi, a quelle dei compratori intenti a mercanteggiare sul prezzo.
Intanto, la città si sveglia al “nuovo giorno” di festa. Lunghe colonne di auto e di mezzi d’ogni sorta prendono la strada che a nord di Erbil s’allunga verso la campagna: un rettilineo infinito, sorvegliato, a intervalli regolari, da gruppi di soldati. Sorridono, scambiando saluti e parole con le famiglie festanti.
Il Newroz è anche occasione per capire meglio il ruolo della donna nella società. Ruolo e libertà decisamente maggiori rispetto a quelle di altri Paesi islamici. Un aspetto, questo, della società curda, già evidenziato dai viaggiatori occidentali nei secoli passati. Lo si può vedere dagli abiti indossati dalle donne in questo giorno di festa. Abiti dai colori vivaci, che non nascondono la femminilità. Lo si nota dalle danze popolari, spesso di donne e uomini insieme, accompagnate da una musica coinvolgente. Danze che vanno avanti per ore, sui prati, fermandosi e ripartendo in un incessante inno alla voglia di vivere. Tenendosi per mano, o per le braccia, eseguono girotondi dalle tante varianti. Queste danze rappresentano un aspetto importante della vita sociale.

Mi fa piacere pensare che in queste ore, a Erbil, a Sulaymanya, a Halabja, a Balessan, a Chamchamal, ma anche a Baghdad, come in Canada e in Italia, gli amici che abbiamo conosciuto stanno festeggiando. Ballando e cantando le canzoni della tradizione, mangiando kebab, kifta e yogurt sulle tovaglie apparecchiate sui prati, guardando i fuochi che bruciano sulle colline, a simboleggiare l’antica voglia di libertà di un popolo.
Kareem, Ara, Muhamad, Hero, Dana, Shreein, Mahtab, così come Gulala, Nadhim e Rashid, che il 2707 possa essere per voi, per noi e per tutti un anno davvero “nuovo” di pace ed amicizia.

Nota: L’articolo (corredato di foto) è pubblicato anche nel sito di Peacelink.

Articolo correlato:
Newroz: Il primo giorno della primavera nel segno dell’amicizia e della solidarietà.

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“Appunti da un viaggio in Kurdistan” - due incontri di presentazione

8 febbraio 2007 Pubblicato da roberto

A Firenze e a Campi Bisenzio, rispettivamente il 16 e il 22 febbraio, si svolgeranno due incontri di presentazione del libro “Appunti da un viaggio in Kurdistan” di Andrea Misuri, che racconta le vicende della delegazione dei “Mayors for Peace” italiani durante la visita nel Kurdistan iracheno della primavera scorsa:

• Al Circolo ARCI “Due Strade”, in via Senese 129/R a Firenze, venerdì 16 febbraio alle ore 21, in collaborazione con la Fondazione “Antonino Caponnetto”. Saranno presenti oltre all’autore, Fulgida Barattoni dell’IPB-Italia e il giornalista Francesco Nocentini. Nel corso dell’evento sarà proiettato il documentario di RaiNews24 “Le battaglie di Halabja” girato nel Kurdistan la primavera scorsa da Flaviano Masella reporter al seguito della delegazione di pace.

• A Villa Rucellai, a Campi Bisenzio alle 21,15, la presentazione avverrà giovedì 22 febbraio, nell’ambito dell’iniziativa “Comuni, ponti di Pace”. Presenti oltre all’autore, Fiorella Alunni sindaco di Campi Bisenzio e Fabrizio Nucci giornalista del periodico “Metropoli”. Al termine della serata è previsto un “Brindisi alla pace”. Per informazioni, Eleonora Mappa tel. 055/8959482.

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